martedì 5 luglio 2011

La prescrizione non basta

DUE ARTICOLI DALLE NEWS DI OGGI...UN SOLO TITOLO

GUIDO BOFFO/LA STAMPA
Giustizia non sarà fatta, perché persino la revoca dello scudetto del 2006 appare sproporzionata alla ricostruzione del secondo filone di Calciopoli, quale risulta dalla relazione del procuratore federale Stefano Palazzi. Un atto di accusa - nei confronti dell’Inter ma non solo - dal quale non vediamo come il Consiglio federale del prossimo 18 luglio potrà discostarsi.

Ma per una risposta che verrà data, ce ne sono molte altre inevase. Troppe. Palazzi ha tolto il velo all’ipocrisia di Calciopoli capitolo primo, alla miopia di chi condusse quell’inchiesta, alla frettolosità di certe scelte (a cominciare dall’assegnazione dello scudetto contestato). Lo ha fatto sei anni dopo, un’eternità. Ea questo punto nessuno può impedire che uno spettro si aggiri nel calcio italiano. Lo spettro di una prescrizione che riapre lo scandalo. Nella relazione di Palazzi vi sono diversi passaggi duri e uno durissimo. Là dove, a proposito degli assidui rapporti tra Giacinto Facchetti e la classe arbitrale, si delinea «la violazione dell’oggetto protetto dall’articolo 6 del Codice di giustizia sportiva ». Ovvero l’illecito sportivo. Basti ricordare che la Juve venne condannata alla retrocessione in serie B non sulla base dell’articolo 6,ma per una serie di violazioni dell’articolo 1, quello sulla lealtà sportiva. In definitiva, nel suo caso, non potendolo provare, l’illecito si dovette presumere. Cosa sarebbe successo se sei anni fa quelle stesse intercettazioni che ora gettando ombre pesantissime sull’Inter (e non solo) fossero state sbobinate, anziché depennate dall’inchiesta, e coerentemente messe a disposizione dei giudici sportivi? Perché gli inquirenti napoletani le giudicarono irrilevanti?Eammesso che lo fossero ai fini del procedimento penale, come mai non le segnalarono alla procura sportiva?

L’idea di una Calciopoli a senso unico è aberrante. Non allevia le responsabilità di Moggi e soci, questo va detto con chiarezza,ma opera una distinzionemanichea tra buoni e cattivi, tra persecutori e vittime, quando le carte dimostrano che le interferenze sui campionati erano molto più estese. E’ penoso che Facchetti non possa difendersi dall’accusa di «aver voluto assicurare un vantaggio in classifica a favore della società Internazionale FC mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale».Potrà in compenso farlo Moratti, lui stesso coinvolto nel j’accuse di Palazzi. Non rischia più sanzioni, ma siamo convinti che questo non possa bastargli. Tutto si prescrive, tranne i comportamenti. Se lo scudetto del 2006 doveva essere il vessillo dell’eticità, requisito formulato dai tre saggi che sostennero Guido Rossi nella riassegnazione, all’improvviso rischia di diventare l’emblema di un’ingiustizia sommaria.

SPUNTA NORMA PRO-FININVEST:E' SCONTRO (DA IL SOLE 24ORE)

Alla fine la norma tanto attesa (o temuta) spunta per davvero. Annidate tra le pieghe del testo della manovra inviato al Quirinale trovano spazio anche poche righe inserite alla fine dell'articolo dedicato alle misure sulla giustizia. Poche ma micidiali. Per gli effetti politici e per l'(ovvia) coda di polemiche che si tirano dietro.
Sino a potere compromettere la firma del capo dello Stato al provvedimento. Perché intervenire a gamba tesa nella causa sul Lodo Mondadori, con i giudici vicini alla sentenza, attesa per il fine settimana, dopo che in primo grado Fininvest è stata condannata a pagare 750 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti, significa, anche, complicare gravemente il percorso della manovra.
Due piccole modifiche al Codice di procedura civile per stabilire che quella che sino ad adesso è una semplice facoltà del giudice, sospendere l'esecuzione di una sentenza di condanna in attesa del verdetto del grado di giudizio successivo diventa un obbligo. Un vincolo cui il giudice non si può sottrarre quando la condanna riguarda, in primo grado, somme superiori a 10 milioni di euro e, in appello, a 20 milioni. Paletti che il maxirisarcimento a carico del gruppo di Silvio Berlusconi, che più volte negli ultimi tempi si era detto preoccupato per la vicenda, supera ampiamente.
Insomma, se anche la sentenza di secondo grado confermasse la condanna nella proporzione tanto temuta dal premier, l'effetto per Fininvest sarebbe nullo. Basterebbe infatti la presentazione di una cauzione, questa la condizione cui è sottoposto il congelamento delle pronuncie, per sterilizzare l'impatto della sanzione. Almeno fino al momento del successivo verdetto della Cassazione.
Che una misura di questo tenore rientrasse nell'ordine delle possibilità era opinione diffusa. Ma nel testo della manovra la disposizione ha poi trovato posto solo all'ultimo momento (come ha anticipato il sito online del Sole 24 Ore). Perché nella versione approvata in Consiglio dei ministri e poi circolata anche nelle redazioni la disposizione era del tutto assente. O meglio era previsto un intervento sul medesimo tema ma di significato del tutto opposto, senza dubbio più coerente con l'impianto della manovra e, segnatamente, delle misure sulla giustizia. Veniva infatti introdotta una sanzione pecuniaria, fino a 10mila euro, per le richieste di sospensione dell'esecuzione delle sentenze manifestamente infondate. Una misura indirizzata a colpire le condotte puramente dilatorie secondo una 'filosofia' che già ha caratterizzato precedenti misure assunte dal Governo.
Laconico Carlo De Benedetti. Intercettato in Bocconi a margine di un convegno sulle liberalizzazioni si limita a un «ho sentito» per prendere poi il largo. Durissime invece le reazioni del Pd. Con il segretario Pierluigi Bersani che attacca, «se una cosa del genere fosse confermata sarebbe la prova che per tutti gli italiani la manovra sarà un problema e per il presidente Berlusconi una soluzione. Voglio credere che non si insulti il Parlamento trasmettendogli una norma del genere». Mentre il presidente Rosy Bindi evidenzia la nuova prova del conflitto d'interessi che soffoca il Paese, il presidente dell'Anm Luca Palamara giudica la misura come «iniqua e incostituzionale» e del tutto scollegata dal contesto delle misure urgenti sul processo civile. Timida la reazione della maggioranza affidate ad Enrico Costa capogruppo Pdl alla Camera in commissione Giustizia: «In un momento di difficoltà economica abbiamo provato a contemperare le esigenze del creditore con quelle del debitore».

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