mercoledì 25 maggio 2011

LA "POLITICA" DEL RICICLO

ALLUCINANATE....NEGLI ULTIMI GIORNI HO RISENTITO PARLARE DI PERSONAGGI POLITICI CHE SPERAVO SI FOSSERO PERDUTI NELLA NOTTE DEI TEMPI.
A CENTROSX SI PARLAVA DI PRODI... A CENTRODX SI PARLAVA DI FORMIGONI COME IL PROBABILE SOSTITUTO DI BERLUSCONI...UN PO' COME SOSTITUIRE COVO CON ISEPPI...

CMQ DOPO QUESTA INTRODUZIONE VOLEVO SOLAMENTE CONDIVIDERE CON VOI L'INUTILITA' DEL CONCETTO DI RICICLO E RACCOLTA DIFFERENZIATA SE QUESTO NN PARTE DA LEGGI,POLITICA E APPLICAZIONI.

LA LEGGE HA STABILITO CHE ENTRO UN DATO GIORNO LE AMMINISTRAZIONI LOCALI DOVRANNO RAGGIUNGERE UNA DETERMINATA PERCENTUALE DI RACCOLTA DIFFERENZIATA. BENISSIMO MI TROVANO D'ACCORDO MA... CI TROVIAMO POI IN UNA INCOMPRESIBILE ABULIA DI NORME E OBBLIGHI RIGUARDO AI DERIVATI DELLA RACCOLTA STESSA.

CHE SENSO HA RACCOGLIERE E LAVORARE LA PLASTICA SE NN SONO GLI ENTI PUBBLICI X PRIMI AD UTILIZZARNE I PRODOTTI DERIVATI. SE VI FATE UN TRIP SU INTERNET TROVERENTE UNA MOLTITUDINE DI APPLICAZIONI E DI PRODOTTI. ACCESSORI E PRODOTTI X L'EDILIZIA, MOBILI E PARCHI GIOCHI X GIARDINI PUBBLICI, BANCHI E ARMADIETTI X SCUOLE E PALESTRE, PAVIMENTAZIONI ECC. ECC.
VI PREGO DI SEGNALARMI I PRODOTTI CHE VI HO ELENCATI SE X CASO DOVESTE VEDERNE L'UTILIZZO DA PARTE DI QUALCHE COMUNE....

CHE SENSO HA RACCOGLIERE E LAVORARE LA CARTA SE NN SONO GLI ENTI PUBBLICI X PRIMI A UTILIZZARE QUELLA RICICLATA X LA LORO "STAMPA"

CHE SENSO HA PRATICARE ECOINCENTIVI X LE ENERGIE ALTERNATIVE QUANDO LE CENTINAIA DI MIGLIAIA DI EDIFICI PUBBLICI NN HANNO L'OBBLIGO DI ADEGUAMENTO.

CHE SENSO HA CHE MILIONI DI CITTADINI DEBBANO CONVIVERE CON + DI UNA PATTUMIERA QUANDO LE INDUSTRIE NN SONO OBBLIGATE A FARLO...I QUANTITATIVI DOMESTICI SONO POCO + DI UNA SCORREGGIA IN CONFRONTO A QUELLI INDUSTRIALI.



ORA...VENGONO PRESENTATE IN PARLAMENTO DECINE E DECINE DI PROPOSTE DILEGGE AL GIORNO...E' POSSIBILE SECONDO VOI, CHE A NESSUNO DI QUEL MIGLIAIO DI DEFICIENTI CHE ABBIAMO MESSO A GOVERNARCI VENGA IN MENTE DI PROPORRE DI DARE UN SENSO AL RICICLO...CHE SO SI POTREBBE CONDONARE QUALCHE BUNGA BUNGA A PATTO CHE SI USINO PROFILATTICI DERIVATI DA MATERIALI RICICLATI

STAMPA ETNICA

QUANDO HO AVUTO IN MANO QUESTO VOLANTINO...HO PROVATO DIVERSE SENZAZIONI.
IN PRIMO LUOGO HO SORRISO(FORSE NN CI CREDERETE MA A VOLTE RIESCO ANCHE A FARE QUESTO)....POI SCORRENDO MAN MANO GLI IMPERDONABILI ERRORI/ORRORI MI E' SALITA LA RABBIA PENSANDO A UN TIPOGRAFO RAZZISTA CHE AVEVA VOLUTO FREGARE UN GESTORE EXTRACOMUNITARIO. MI SONO PERCIO' RECATO NEL LOCALE, PRONTO AD AIUTARE IL GESTORE NELLA EVENTUALE CONTESTAZIONE...NESSUN PROBLEMA : IL VOLANTINO E' STATO DETTATO X TELEFONO A UN TIPOGRAFO MAROCCHINO CHE NN CONOSCE L'ITALIANO. QUINDI....HO RISORRISO E POI MI SONO RIPROMESSO DI PENSARE AI MIEI DI DIRITTI DA ORA IN POI.

domenica 22 maggio 2011

RICORDI "FURIOSI" DI TEMPI LONTANI

SI...MI SENTO SEMPRE + VECCHIO E COME SE NN BASTASSE ANCHE LA MIA MENTE VA A CERCARE RICORDI DI GIOVENTU' CHE ALTRO NN POSSONO FARE SE NN FARMI SENTIRE ANCORA + DECREPITO. MA QUESTO PERSONAGGIO PENSO CHE SIA GIUSTO VENGA RICORDATO DA TUTTI:
Dati biografici
Nome Giuseppe Furino
Paese bandiera ITALIA
Altezza 167 cm
Peso 69 kg
Dati agonistici


Ruolo MEDIANO
Carriera
Squadre di club1
1965-1966 600px Nero e Bianco (Strisce).png JUVE 0 (0)
1966-1968 600px Bianco e Blu a Strisce.png SAVONA 61 (7)
1968-1969 600px Rosa e Nero in diagonale con aquila.png PALERMO 27 (1)
1969-1984 600px Nero e Bianco (Strisce).png JUVE 361 (8)
Nazionale
1970-1974 Bandiera dell'Italia ITALIA 3 (0)
Palmarès
W.Cup.svg  Mondiali di calcio
Argento MESSICO 70
Nella società bianconera giocò da titolare inamovibile per oltre un decennio, andando a rafforzare un centrocampo già dotato di giocatori come Benetti e Tardelli e conquistando otto scudetti (1971-1972, 1972-1973, 1974-1975, 1976-1977, 1977-1978, 1980-1981, 1981-1982, 1983-1984), due Coppa Italia (1978-1979, 1982-1983), una Coppa Uefa (1976-1977) e una Coppa delle Coppe (83/84). Visse in gran parte l'epopea del decennio vincente di Trapattoni, col quale vinse cinque scudetti.

TRATTO INTEGRALMENTE DA:
http://ilpalloneracconta.blogspot.com/2007/07/giuseppe-furino.html

Palermo e Torino, Torino e Palermo. Questa, salvo una breve parentesi a Savona, è la storia calcistica di “Beppe” Furino. Nasce, nel capoluogo siciliano, il 5 luglio del 1946:
«Mio padre, maresciallo di finanza, era stato trasferito da Palermo ad Avellino quando avevo appena sei mesi», racconta, «nella città irpina ho vissuto fino a tre anni. Poi la minacciosa diffusione di un’epidemia indusse mia madre, che era nata a Ustica ed apparteneva ad una famiglia fortemente radicata sull’isola, a mandarmi per qualche tempo dai suoi genitori. Nonno Peppino era stato sindaco di Ustica negli anni cinquanta e, con nonna Silvia, gestiva uno di quei negozi in cui si vende di tutto e che rappresentano il punto di riferimento dell’intera comunità. Zio Domenico invece, genio e sregolatezza della famiglia, faceva il medico fra Palermo ed Ustica. La famiglia di mio nonno era molto amata dalla gente anche perché, durante la guerra, non aveva lesinato aiuti a chi si trovava in difficoltà. L’ambiente per me, oltre che sano, era affettivamente ideale anche fuori dall’ambito familiare. E così, prima che l’italiano od il napoletano, ho imparato il dialetto siciliano, che ancora oggi esercita su di me un fascino straordinario. Dopo appena un anno sono tornato ad Avellino. Ad otto anni mi sono trasferito a Napoli ed a quindici definitivamente a Torino».
Furino, cresce calcisticamente nella Juventus, nei “N.A.G.C.”, la scuola calcio bianconera; il primo prestito è al Savona, dove si disimpegna come ala sinistra. Tornato a Torino, viene trasferito nella sua città natale, dove disputa il campionato 1968-69: «Ero cresciuto nel settore giovanile della Juventus e venivo da un paio di campionati a Savona fra B e C; la società bianconera voleva prendere il rosanero Benetti ed io fui girato in prestito al Palermo, che era appena approdato in serie A. C’era un grande entusiasmo, il Palermo tornava nel massimo campionato dopo cinque anni. Le prime due giornate giocammo in trasferta: all’esordio a Cagliari e perdemmo 3 a 0, due goals di Riva ed uno di Boninsegna; poi a Torino contro la Juventus e portammo a casa un bel pareggio. Finalmente, arrivò il debutto allo stadio “Favorita”, ospitavamo l’Inter di Mazzola, Corso, Suarez e Jair. Lo stadio poteva tenere quarantamila spettatori ma, secondo m,e non erano meno di sessantamila. C’era un tale frastuono che non riuscivo a sentire nulla di quello che si diceva sul campo. Riuscimmo a fare 0 a 0, come la settimana precedente. La seconda emozione la provai entrando a “San Siro” dove quell’anno pareggiammo sia contro l’Inter che contro il Milan. A fine campionato ritornai alla Juventus, dove sono rimasto tutta la carriera».
In quella stagione palermitana, “Beppe” disputa 27 partite e realizza un goal; torna a Torino nell’estate del 1969 e trova una Juventus completamente rivoluzionata, dopo la ferrea gestione di Heriberto Herrera e del suo “movimiento”. L’allenatore è “Don” Luis Carniglia, che non farà tanta strada, tanto è vero che sarà presto sostituito da Ercole Rabitti.
Per uno scherzo del destino, nella prima di campionato la Juventus deve affrontare al “Comunale” il Palermo; è il 14 settembre 1969 e le due squadre, agli ordini dell’arbitro Gussoni, si schierano così:
Juventus: Tancredi; Salvadore e Leoncini; Morini, Castano e Furino; Favalli, Haller, Anastasi, “Bob” Vieri e Leonardi.
Palermo: Ferretti; Bertuolo e Pasetti; Lancini, Giubertoni e Landri; Pellizzaro, Reja, Troja, Bercellino Silvino e Ferrari.
La partita non ha storia; i rosanero passano in vantaggio con Troja dopo soli quattro minuti, ma la reazione bianconera è furiosa. Una doppietta di “Helmuttone” Haller ed un goal di Leonardi mettono le cose a posto; a dieci minuti dalla fine, però, ci pensa proprio lui, “Beppe” Furino a siglare la rete del definitivo 4 a 1 cominciando, nel migliore dei modi, la sua lunga e splendente carriera in bianconero.
Ci sono sempre state due correnti di pensiero su “Beppe” Furino. Boniperti ed in generale tutti gli allenatori bianconeri, lo hanno sempre considerato un giocatore fondamentale per le proprie squadre, un capo carismatico, un tipo coriaceo, grintoso, portabandiera dei cosiddetti “giocatori umili” che sono però insostituibili in una squadra che vuole vincere. 528 presenze con la maglia bianconera, 19 goals, otto scudetti, tantissime partite con la fascia di capitano al braccio, testimoniano quanto Furino sia stato uno degli artefici delle vittorie della Juventus targata Boniperti.
Non gli è mai piaciuto essere definito la bandiera della Juventus: «Perché la bandiera sta alta sul pennone ed io non sono certo il tipo da piedistallo. Tutt’altro, preferisco star giù a lavorare con gli altri, soprattutto con i giovani, con i quali mi trovo benissimo, perché parlo come loro e “sento” come loro».
Il rovescio della medaglia è rappresentato dalla Nazionale. Prima Valcareggi, poi Bernardini ed infine Bearzot, hanno sempre ignorato questo siciliano tosto, al punto di definirlo un giocatore mediocre; solamente tre presenze, una vera ingiustizia.
Con lui, il calciatore “povero” è riuscito ad emergere, fino ad arrivare nella stanza dei potenti; con lui, il mediano faticatore è importante come il fuoriclasse; con lui, il calciatore è divenuto “dignitoso”, anche se le sue giocate sono meno belle di quelle dei cosiddetti assi. È un campione chi si sacrifica costantemente per la squadra; la classe non è solo stile, ma anche rendimento.
La parola “stanchezza” non esiste nel suo vocabolario: «Una volta sola ho avuto un po’ di paura. È stato in occasione di una partita di Coppa Italia, giocata contro il Catanzaro. Non so dire con precisione che cosa sia stato, perché è durato poco. Ma ho provato un po’ di timore, difficile da spiegare; per fortuna non si è più ripetuto».
Non ha mai amato i giornalisti e non è mai stato tenero nei loro confronti; ha avuto tantissime difficoltà a rapportarsi con loro, fino addirittura a snobbarli, in quanto erano i giornalisti stessi ad ignorare Furino.
Caminiti gli affibbiò il soprannome di “Furia” dopo le prime partite nella Juventus, un volta tornato dal prestito da Palermo, la sua città natale, ma Furino è palermitano solo in apparenza, essendo taciturno, come la maggior parte dei siciliani. È, invece, un torinese di adozione, in quanto gran lavoratore sparato e spedito.
Lo stesso Caminiti lo descriveva in questo modo: «Mi colpiva, in quei giorni, il suo rapporto con la madre, piccola e stortarella come lui, ma verissima donna, maniacale nell’amore per i figli, per l’esempio costante di dovere, come le madri di una volta, che forse non esistono più. E mi era sembrato il giocatore emanazione di questa madre, la sua grandezza la facevo tutta morale, in campo lo vedevo crescere da nano (è alto 1,69) a gigante, in virtù di questa sua primigenia ricchezza, la ricchezza dell’isola bedda».
Il primo ad intuire le grandi qualità di Furino, è Boniperti, ma è “Cesto” Vycpalek, succeduto a Rabitti, scopritore del ragazzo, ed al povero Armando Picchi, a valorizzarlo in pieno nei fatti, enfatizzandone le qualità, perché “Furia” ha bisogno di fiducia per scatenarsi e rendere al massimo. Diventa in poco tempo il propulsore ed il trascinatore; nasce il mediano considerato il più “cattivo” d’Italia, in quanto è spietato nel contrasto, non si tira mai indietro, in ogni mischia che si rispetti, lui è presente.
Quando è necessario, è pronto a litigare, in quanto non ha paura di niente e di nessuno. La Juventus ha giocatori molto celebrati ed importanti, come Bettega, Zoff, Causio, lo stesso Anastasi, che “Furia” cordialmente odia, ma lui è fondamentale in squadra. Boniperti lo sa benissimo e non manca mai di elogiarlo: «Tutti dovreste giocare col cuore che ci mette lui».
Quando l’Ajax batte la Juventus, nella finale della Coppa dei Campioni a Belgrado, Boniperti in testa è il più emozionato di tutti, e “Furia” fallisce pure lui, come tutta la squadra. Nasce così l’impressione che sia un giocatore provinciale, tutt’altro che indispensabile; Valcareggi tecnico degli azzurri non lo apprezza più di tanto, anche se lo convoca per i Mondiali messicani. Anche Bernardini, fautore dei giocatori dai “piedi buoni”, quando lo manda in campo, a Genova contro la Bulgaria, il 29 dicembre 1974, lo fa più per accontentare l’opinione pubblica, che per convinzione personale.
Ma “Furia” si esprime al meglio in campionato, con la maglia bianconera. Sui rettangoli nostrani si decide tutto e qui Furino è un grandissimo. È il giocatore più stringente che si sia mai visto nella zona mediana, una catapulta. Con la sua determinazione, carica i compagni, li “obbliga” ad impegnarsi all’estremo delle forze, li esalta col suo esempio. Non si tira mai indietro, è sempre lì che “morde” i calcagni degli avversari, dove c’è pericolo, accorre lui, brutto, sghembo, ma bellissimo nell’ardore. Ma non è solo questo, tatticamente è un giocatore molto intelligente, è lui, infatti, che si schiera da “libero” durante le frequenti avanzate di Scirea ed è sempre lui a “coprire” le sgroppate di Tardelli.
Il suo modo di giocare lo porta a realizzare pochissime reti. Una in particolare, però, si rivelerà di importanza enorme: quart'ultima giornata del campionato 1976-77. Sabato 30 aprile al “Comunale” di Torino va in scena l'anticipo di campionato contro il Napoli. La Juventus, che sta lottando con il Torino per lo scudetto, è reduce dal pareggio di Perugia ed è obbligata a vincere; segna Bettega, pareggia nella ripresa Massa. La squadra bianconera è in difficoltà, il Napoli la mette sotto mentre un autentico nubifragio si abbatte sul campo. A quattro minuti dal termine, quando lo spettro del sorpasso granata si sta ormai materializzando, ecco che, tra grandine e fango, spunta la zampata vincente del capitano che ridarà morale e fiducia alla squadra.
La sua carriera termina, praticamente, con l’arrivo di Platini; famosa è la frase dell’Avvocato: «È inutile avere Platini, se il gioco passa attraverso i piedi di Furino».
Il “Trap” obbedisce e “Furia” viene sostituito da Bonini. Trapattoni non si dimentica, però, di Furino e lo schiera nel campionato successivo, per permettergli di vincere il suo ottavo scudetto.
Ci sono stati tanti mediani fortissimi nella storia bianconera: Bigatto o Bertolini, Depetrini o Del Sol, ma nessuno è stato come lui. Il suo sacrificio, la sua presa diretta nel gioco, là dove nasce il pericolo, là dove si rischia, non manca mai.
Un grande campione “povero”, forse il più grande di tutti. E non importa se nel mondo del calcio, soprattutto in Italia, sono considerati molto di più i giocatori virtuosi di quelli che “sudano”, che lottano, che sbagliano un passaggio. Furino ha aperto gli occhi a tanti; si può essere campioni anche non essendo belli.
Diceva alla fine del 1979: «Tutte le vittorie sono uno stimolo a proseguire con lo stesso spirito, per questo mi sento ancora al debutto. Perché mi sono realizzato in una Juventus vincente, una Juventus che mi ha insegnato che, per andare avanti, bisogna darci dentro, per ottenere il risultato attraverso il gioco e la lotta. La durezza delle stagione e la media positiva dei miei anni calcistici, durante i quali ho ricoperto tantissimi ruoli, da difensore puro ad ala tornante, da centrocampista a “jolly”, mi hanno fatto maturare una mentalità elastica, ma sempre proiettata in avanti. Mi rendo conto che posso farcela ancora e bene; non vedo il motivo per sentirmi dire che sono, non dico vecchio, ma anziano. Sarò un vecchio capitano, questo sì, perché porto la fascia da sei stagioni, ma, nel ruolo, mi sento proprio come ero agli inizi e questo mi carica. Una cosa sola voglio: andare avanti con lo stesso spirito».

Intervistato dal “Guerin Sportivo” a fine settembre 2009:
 I numeri fissi si vedevano solo ai Campionati del Mondo ed agli Europei. Ma il quattro bianco sul quadratone nero ha avuto un unico padrone nella Juventus degli anni settanta: “Beppe” Furino. Quella era la sua targa, il suo marchio, il suo codice a barre. Per oltre cinquecento partite (361 solo in campionato) spalmate in quattordici anni di ininterrotta permanenza in bianconero. Otto scudetti, un record, e una manciata di coppe. Tutte alzate per primo da lui, il capitano. Onore che gli è toccato fin dal 1976, quando andò via Anastasi. Fascia blu sul braccio sinistro, bianca nella divisa da trasferta. Di lui Giampiero Boniperti, il suo presidente, diceva che aveva due cuori, uno a destra, l’altro a sinistra per rimarcarne la generosità, la dedizione alla causa, l’attaccamento alla maglia.
Una vita in trincea la sua. Con il quattro sulla schiena, in un’epoca in cui a quel numero era associato solo e soltanto un ruolo: il mediano. Quello che corre, lotta, combatte, si appiccica al dieci avversario per duelli condotti, talvolta, sul filo di un regolamento che qualche concessione in più in quegli anni faceva al meno dotato tecnicamente. Chilometri e sudore, sguardi severi e concentrazione spinta al massimo: qui dentro sta Giuseppe Furino, una vita per la Juventus che domenica sera, nella gara che chiude la settima giornata, sbarca in Sicilia per sfidare il Palermo di Zenga. Una partita dal sapore particolare per lui che in rosanero ha debuttato in serie A, prima di diventare una colonna bianconera.
Quali sono le sue sensazioni? «Con il Palermo ho compiuto l’ultimo passo verso il ritorno alla Juventus, una tappa fondamentale per la mia formazione professionale. Venivo da due stagioni al Savona. Ero arrivato a Palermo per caso, nel giro dei prestiti, credo legato all’operazione che portò Benetti alla Juventus. Un solo campionato, quello della stagione 1968-69, giocato bene, in crescendo, con una salvezza conquistata meritatamente».
La sua pagella come fu? «Bei voti. I tifosi mi elessero calciatore dell’anno. Il pubblico palermitano è stupendo. Alla prima partita che giocammo in casa la Favorita scoppiava dalla gente che c’era. Ricordo il mio primo gol in A contro la Sampdoria, ma anche una domenica da incubo a rincorrere quel pennellone di Menti, l’ala destra del Vicenza».
Perché lei all’epoca giocava terzino sinistro? «Quell’anno sì. E anche nei primi periodi alla Juve. Ma il mio ruolo vero era a centrocampo. Da piccolo presi una cotta incredibile per Sivori. Anch’io portavo i calzettoni abbassati. Poi un giorno, durante un allenamento, vidi Del Sol. Rimasi incantato dal suo modo di giocare. Sentivo che il mio posto era in mezzo al campo e lì prima o poi sarei tornato. Come è successo, anche se non è stato automatico».
Mi par di capire che i primi periodi alla Juventus non siano stati semplici. «È così. Non credo che rientrassi nei piani societari. Su di me probabilmente non c’era il pieno consenso, forse volevano inserirmi in qualche giro di mercato, non so. Alla fine comunque sono rimasto».
Quando c’è stata la svolta? «Con l’esonero di Carniglia e l’arrivo di Rabitti alla settima giornata. Quello fu il primo passo, completato con l’ingresso di Boniperti in società. Devo dire, comunque, che con Carniglia ero riuscito a giocare quasi sempre da titolare, magari cambiando spesso ruolo e posizione. Avevo addirittura segnato un goal alla mia prima partita in bianconero. Guarda caso proprio contro il Palermo».
Palermo e Juventus, la sfida continua: che clima c’è in casa Furino? «È una partita particolare. A Palermo ci sono nato anche se dopo pochi mesi mio padre, maresciallo della finanza, fu trasferito ad Avellino. Nonostante questo, sono legatissimo alla mia terra d’origine. In particolar modo ad Ustica: lì abitava mia nonna materna. Sull’isola per anni ho trascorso le mie vacanze, anche quando ero ormai un giocatore affermato».
Meglio Zenga o Ferrara? «Zenga mi piace molto. Il Palermo con Ballardini aveva perso un ottimo allenatore, ma ne ha trovato uno altrettanto bravo. A Catania ha lavorato bene. Ferrara mi convince, la sua scelta rispetta la tradizione juventina di affidarsi ad allenatori giovani e non ancora affermati».
Si riferisce a Picchi e Trapattoni? «Senza dubbio. Armando Picchi non ha avuto la fortuna di vedere i risultati del suo lavoro, che ci sono stati. Era molto vicino come mentalità a noi calciatori, in fondo aveva smesso da poco. Un gran dolore la sua perdita, noi giocatori sapevamo qualcosa, ma non più di tanto all’inizio».
E Trapattoni? «Diversi di noi ci avevano giocato contro, qualcuno insieme. Benetti e Boninsegna gli davano del tu, io no. Anche Zoff gli dava del lei nonostante fossero quasi coetanei. Fu una bella ventata di freschezza e novità. Il “Trap” fu una gran bella intuizione di Boniperti».
Così la formazione la faceva lui, no? (ride). «Trapattoni non aveva certo bisogno di tutori. Semmai si consultava con noi giocatori, quello sì. Il sabato prima della partita faceva il giro delle camere. Tastava il polso alla squadra, coglieva sensazioni, magari da qualcuno ricavava qualche buon suggerimento. Il “Trap” era giovane, ma aveva le idee chiare. E moderne, come quella di giocare senza un regista di ruolo».
Per questo motivo Capello fu ceduto? «Sì».
Sicuro che non ci sia stato anche il suo zampino? «Capello rilasciò un’intervista dai toni accesi. Era in America con la Nazionale per il torneo del Bicentenario. La Juve aveva perso lo scudetto in malo modo, regalandolo al Torino. Fu uno sfogo, il suo: un po’ voluto, un po’ provocato».
Nel merito cosa disse? «Criticò la Juve, il gioco, i compagni. Tirò dentro anche me, per giustificare il suo calo di rendimento e le difficoltà di gioco della Juve. Da lì è partito tutto, con qualcuno che pensò addirittura ad una mia vendetta. Non è vero nulla, io non c’entravo niente eppoi non ho mai avuto il potere di cacciare nessuno».
A parte qualche tifoso ingrato, così mi risulta. «Questo è vero. Successe all’aeroporto di “Caselle”, dopo aver vinto la Coppa Uefa contro l’Athletic Bilbao. Tornammo a Torino su un aereo privato della Fiat, io scesi per primo con la Coppa in mano. Misi piede a terra e vidi davanti a me un tifoso che l’anno prima era stato tra i più accaniti nelle critiche e nelle offese. Gli dissi: “Brutto bastardo, levati subito di lì sennò la Coppa te la spacco in testa”».
Come, la Coppa appena vinta dopo un eterno digiuno? «Per carità, non l’avrei mai fatto. Conquistare la Coppa Uefa è stato uno dei momenti più belli della mia carriera. Il primo trofeo internazionale, dopo una vera e propria battaglia a Bilbao. Senza contare che quattro giorni dopo avremmo battuto la Sampdoria e vinto anche lo scudetto dei record. Una stagione trionfale e con una squadra tutta italiana».
E senza regista: alla fine ebbe ragione lei. «Ancora con questa storia (sorride). A parte il fatto che avevamo un certo Causio là davanti che svolgeva alla grande i compiti di regista avanzato, le dico questo: non c’è calciatore che giochi male per colpa di un altro. Se accade, le responsabilità sono soltanto del diretto interessato. Questa è la semplice regola».
Vale anche per i grandissimi? «Sì».
Compreso Platini? «Altra storia buffa. Qualcuno ha voluto metterci l’uno contro l’altro. Dicevano che non volevo passargli il pallone. Che fesseria !!! La verità è che quando Platini arrivò alla Juve non era in forma. Ha impiegato mesi per ambientarsi, forse un tempo eccessivo. Ma se non giocava bene, non era certo per colpa mia».
I rapporti con l’attuale presidente dell’Uefa come sono? «Cordiali, ci mancherebbe altro. D’altronde oggi sono buoni anche i rapporti con quelli del “Toro”» (risata).
Il derby era lo spauracchio di Boniperti, vero? «Ci spaccava le palle fin dal lunedì. Era la settimana più lunga dell’anno e la partita più sentita, specie da chi come me veniva dal settore giovanile, e di sfide con il Torino ne aveva già vissute tante».
Ricordi speciali? «Andavo nello spogliatoio due ore prima: giocavo un’altra partita, tutta mia, prima di quella vera. La tensione era veramente altissima e in campo si vedeva. Noi giocavamo, loro facevano i goal. Le offese e le provocazioni erano all’ordine del giorno».
Per esempio? «Le racconto solo questo episodio. Per stemperare il clima teso, a gioco fermo, corre verso di me un avversario con il braccio teso: vuole stringermi la mano per riportare la calma. Mentre si avvicina, me ne dice di tutti i colori. Io, allora ritraggo la mano, come a dire: sei impazzito ??? Il guaio è che agli occhi della gente è rimasta l’immagine del mio rifiuto, ma nessuno sa il vero motivo».
Vabbeh, non vorrà mica passare da verginella? «No, figuriamoci. Qualcuna l’ho fatta anch’io».
Se le dico Juventus-Roma del maggio 1981, quella del famoso goal annullato a Turone? «Le rispondo che giocai veramente con la rabbia negli occhi».
Perché? «A poche giornate dalla fine, era uno scontro diretto per lo scudetto. Ci mancava, però, mezza squadra. Tardelli e Bettega erano stati squalificati, non avevamo punte di ruolo in campo. Allora dissi a Trapattoni: se la mettiamo sul piano del gioco, questi ci fanno neri. Buttiamola sull’agonismo. Gli promisi che avrei giocato al limite del regolamento».
Ma andò oltre, perché Bergamo tirò fuori il rosso.
«Fu una stupidaggine con Maggiora, tra l’altro mio vecchio compagno juventino. Ma alla fine fu 0 a 0 ed il punto fu decisivo per noi. D’altronde quello era il mio modo di giocare, di interpretare la gara. Correre, lottare, incitare i compagni. Non solo la domenica, anche in allenamento».
A chi ha dovuto fare qualche bella risciacquata durante la settimana? «Qualcuno ogni tanto andava stimolato. Marocchino, per esempio, aveva delle qualità enormi, ma era pigro. Di Tacconi, poi, non ne parliamo. In allenamento era una rovina. Nelle partitelle sceglievo sempre Bodini, uno di quelli come me, che non mollava mai».
Ed in campo, c’è stato qualche episodio da raccontare? «Credo che su tutti ci sia quello di Firenze con Prandelli. Punizione decentrata per la Fiorentina. Zoff chiede due uomini in barriera. Andiamo io e Cesare. Io mi allineo con il palo e cerco di portare a me Prandelli. Lui, invece, tergiversa, spostandosi verso il centro. Allora lo riprendo bruscamente, un po’ troppo, ma la foga agonistica a volte ti fa fare anche cose che non vuoi».
Vi siete chiariti dopo? «Certamente. Gli ho chiesto scusa, oltretutto Prandelli è sempre stato un bravo ragazzo, serio, disciplinato. Le dirò di più. Quando ero alla Juve come responsabile del settore giovanile, ho fatto di tutto per portarlo da noi. Ma lui si era ormai impegnato con l’Atalanta ed è rimasto là».

domenica 15 maggio 2011

NESSUN DORMA 2011

RIECCOCI....LA NOTTE BIANCA A MODENA DI IERI MI HA FATTO PENSARE.
RIBADIAMO CHE LA MIA NATURA E' SEMPRE UN POLO NEGATIVO DELLA QUESTIONE MA RITENGO DI ESSERE ABBASTANZA OGGETTIVO NELLE VALUTAZIONI.
LA MANIFESTAZIONE DI HA COINVOLTO UN NUMERO SCONVOLGENTE DI POPOLAZIONE ETEROGENEA DELLA PROVINCIA E NON PRATICAMENTE UN CASINO DA BESTIA....ALLA POMPOSA DICONO FOSSE COME A S. SEBASTIAN...VIA EMILIA IMPRATICABILE...I LOCALI ALLE 10 AVEVANO PRATICAMENTE FINITO LE SCORTE...LE GALLERIE E I MUSEI NN AVEVANO MAI RICEVUTO UN AFFLUSSO DI TALE ENTITA'...MUSICA DAL VIVO OVUNQUE.
ORA MI PARE DI AVER LETTO CHE LO STANZIAMENTO COMUNALE E' STATO DI 70.000 EURINI(VORREI IL BENEFICIO DEL DUBBIO XCHE' NN MI RICORDO).
SCUSATE MA AALORA X RIVALUTARE IL CENTRO XCHE' NN FACCIAMO LA NOTTE BIANCA UNA VOLTA AL MESE?????
CMQ TORNANDO AL NEGATIVO NONOSTANTE NN FOSSI IL PIU' ANZIANO LA SENZAZIONE DI RIMPIANTO DI NON AVERE PIU' 20 ANNI...E NEANCHE 30 E DI NN AVER POTUTO GODERE DI UNA SERATA COSI' QUANDO CE LI AVEVO E' PERLOMENO "IMMANE".

RITORNIAMO A PARLARE DI STANZIAMENTI:
CASTELNUVO- STA X GIUNGERE INESORABILE LA FIERA DI MAGGIO...FINALMENTE, DOPO MESI E MESI, E' STATA TAGLIATA L'ERBA NEI PARCHI IN MODO DA DARE UNA PARVENZA D'ORDINE AL PAESE. LO SAPPIAMO I TAGLI DELLO STATO NEI CONFRONTI DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE LE OBBLIGA A FARE DELLE SCELTE NELLE VOCI SPESE DI BILANCIO. E QUINDI NOI CAMPAGNOLI CI RITROVEREMO TRA POCHI GIORNI AD ASSISTERE ALLE ESIBIZIONI DI PERSONAGGI DI QUARTO PIANO CON L'UNICA CARATTERITICA DI ESSERE PARENTI O QUASI OMONIMI DI PERSONAGGI DI SPICCO..ANZI DI LIVELLO SUPERIORE. ASSITEREMO INFATTI AL CONCERTO DI EUGENIO BENNATO,NN CHE SUO FRATELLO EDOARDO POSSA ESSERE CONSIDERATO DI SPICCO NEL 2011, MA EUGENIO....E QUANDO PENSI CHE ALTRI COMUNI O ADDIRITTURA RISTORANTI DELLA PROVINCIA RIESCONO PRIVATAMENTE A ORGANIZZARE DELLE "SIGNORE SERATE JAZZ" O MUSICALI LA MIA TESTA NN PUO' FARE ALTRO CHE ANDARE DALLA PARTE NEGATIVA DEL DISCORSO.

VENIAMO POI AI TAGLI. CONSIDERANDO CHE HO LA TRISTE ABITUDINE DI SFOGLIARE UN PAIO DI QUOTIDIANI OGNI MATTINA MI E' CAPITATO DI LEGGERE ALCUNI DATI CHE MI HANNO PROPRIO FATTO INCAZZARE:
DOVETE SAPERE CHE LO STATO HA SPESO PER LE PROVE INVALSI - CHE E' UN'ESAME CHE HANNO DOVUTO SOSTENERE UN NUMERO CONSIDEREVOLE DI STUDENTI ITALIANI X VALUTARE IL GRADO DI APPRENDIMENTO - LA MODICA CIFRA DI 190 MILIONI DI EURO.
RIMANENDO NELLA SCUOLA.... C'E' LA PROPOSTA DI METTERE WIFI IN UN CERTO NUMERO DI ISTITUTI...TRALASCIANDO IL FATTO CHE, SEGNALAZIONE ARRIVATA ANCHE DAL NANETTO BRUNETTA, IN OGNI CASO MANCHEREBBERO I COMPUTER IDONEI, LA SPESA PREVENTIVATA E' DI 8000 EURO X ISTITUTO. ORA IO MICHIEDOCHECAZZODIANTENNAMETTONO A OTTOMILA EURO ...A CASA MIA CON 100 HO FATTO TUTTO! PROBABILMENTE OCCORRE REGALARE QUALCOSA A QUALCHE PROVIDER.

OK MI SONO SFOGATO...POSTO SOLAMENTE LA DEFINIZIONE DELLA PAROLA DIVERTIMENTO...XCHE' A CHI E' TOCCATO STARE CON ME NELLE ULTIME DUE SERE FORSE PUO' FARE COMODO:
ciò che procura allegria, che fa ridere
deriva dal latino "divertire" ossia deviare. Il divertimento ha la radice nell'evasione, la libertà. Il divertimento esce dal serioso per farti tuffare in una dimensione diversa, che coinvolge il tuo senso dell'umorismo ma non necessariamente ti fa ridere. Il divertimento è un piacevole deragliamento dai binari della desueta, quotidiana, grigia realtà. In Inglese "to divert" significa deviare, e diversion e la deviazione che trovi per lavori in corso: per dire divertimento si usa entertainment (spettacolo) o enjoyment (sensazione). In tedesco il divertimento è lo Spass (che è vicino allo spasso Italiano - anche andare a spasso ci riporta al senso di libertà). In francese Divertissement, che ha anche un preciso senso musicale e letterario.

martedì 10 maggio 2011

PILLOLE DI SAGGEZZA

AL PUVRAT LA PANZA PATES
AL CAIOUN MAI PIO' GUARES!

ANCORA UNA VOLTA LA LAVAGNA DEL BAR DI PORTILE MI SCUOTE DA UN APATIA DI DUE SETTIMANE COAUDIUVATA DA UNA "BORSITE" CRONIKA.

NON CORRO...NON ESCO...NON SCRIVO.... L'UNICA COSA CHE RIESCO A FARE SERIAMENTE E' LAVORARE.... E SINCERAMENTE ANCHE INGRASSARE.
MA IN REALTA' HO PENSATO A CONDIVIDERE CON VOI QUALCOSA
(SICURAMENTE NO LA FESTA SCUDETTO DEL MILAN)
TIPO.... LA RICOMPARSA DEL GRANCHIO DI FIUME NEL REGGIANO DOPO 4 SECOLI DI PRESUNTA ESTINZIONE
TIPO....LA GIROVAGATA IN MOTAGNA DI 2 DOMENICHE FA.... TIPO IL FATTO CHE LA COCCA STA FORMANDO UNA SQUADRA X FARE LA MODENA MONTESE (PODISTICA NOTTURNA)....
TIPO CHE SONO STATO AL FESTIVAL DELLA FOTOGRAFIA DI REGGIO....TIPO CHE HA RIAPERTO IL RIO GAMBEIRO E CHE CI SONO CIGNOTTI E PAPEROTTI...
TIPO CHE IL BALU HA FOTOGRAFATO LA RAGANELLA NN SO DI CHE TIPO MA E' UN'ALTRO ANIMALE RARO...
CHE IL MICK HA CAMBIATO IL NOTEBOOK.... 

MA ALLA FINE ERANO TUTTE (A PARTE IL GRANCHIO) COSE COMUNI E ALLORA HO PREFERITO RAGGRUPPARLE IN UN UNICO POST