sabato 15 marzo 2008

SATYAGRAHA.

DIETA E POLITICA?
14 marzo 2008:

Pannella ha deciso di passare dallo sciopero della sete, durato otto giorni, a quello della fame.
"Uno dei motivi che ha concorso a farmi prendere questa decisione è anche la notizia che il Dalai Lama, nel corso delle sue preghiere, ha ricordato lo sciopero della fame e della sete che ho condotto per il rispetto della parola data e per il Satyagraha Mondiale per la Pace lanciato nei giorni scorsi", ha dichiarato il leader radicale in una conferenza stampa svoltasi alla Camera dei Deputati.

Karma Chopel, Presidente del Parlamento Tibetano in esilio, e Dolma Gyari, vice-presidente, avevano espresso sostegno perché credono sia un dovere civile e morale aiutare chiunque persegua l’obiettivo dell’affermazione dello stato di diritto attraverso mezzi nonviolenti, mentre dagli organizzatori della Marcia per il Tibet, da parlamentari europei ed italiani è cresciuto il sostegno a Rebya Kadeer, leader del popolo Uiguro , per l'arresto e il maltrattamento dei suoi due figli da parte delle autorità cinesi nella regione del Turkestan dell'est.
Per lei avevano pregato spontaneamente i monaci e le monache tibetane che rappresentano la stragrande maggioranza dei marciatori.
Kok Ksor, leader dei Montagnard (comunità cristiana perseguitata in Vietnam) ha reso noto che oltre 300 montagnard hanno fatto lo sciopero della fame l’8 ed il 9 marzo per affermare il valore della parola data e dei patti, nei rapporti internazionali o personali.

Grazie al tutte queste pacifiche manifestazioni ha preso corpo una richiesta, quella anche del Dalai Lama, alla Cina, di libertà per tutti i cinesi e nell’ambito di questa, di riconoscimento dell’autonomia per il Turkmenistan ed il Tibet. Membri della delegazione italiana che partecipano alla Marcia nonviolenta partita da Darmanshala fino al Tibet ci informano che le autorità indiane del distretto di Kangra, nel nord dell’India, hanno prima arrestato e detenuto per 10 ore oltre 100 dei partecipanti alla "Marcia fino in Tibet", per poi condannarli a 14 giorni di fermo per essersi rifiutati di firmare un impegno a non proseguire la marcia. Sono attualmente nel centro di detenzione di Yateri Niwas.
Se entro i 14 giorni di fermo non sarà sottoscritto tale impegno, i militanti tibetani rischiano fino a 5 anni di carcere in base ad una legge che regola la presenza degli stranieri in India.
Sui sanguinosi scontri di Lasha, il Dalai Lama ha detto che l’unità e la stabilità sotto la forza bruta sono, nell’ipotesi migliore, una soluzione temporanea e che è irrealistico aspettarsi unità e stabilità sotto questo tipo di governo. Quindi non si può arrivare a una soluzione pacifica e duratura se continueranno questo tipo di cose. Il Dalai Lama si è anche appellato al Governo alla leadership cinesi affinché fermino l’uso della forza e inizino a rivedere i propri sentimenti nei confronti del popolo tibetano attraverso il dialogo, ma ha anche chiesto ai suoi tibetani di non utilizzare mai la violenza.
La manifestazione è a favore della libertà del Tibet, ma mentre alcuni dei marciatori, che vogliono andare avanti per 6 mesi, ritengono che il Tibet debba essere indipendente, la posizione del Dalai Lama e di un'altra parte dei manifestanti è a favore di una semplice autonomia, che peraltro la Costituzione cinese garantisce, almeno sulla carta.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

bravo carletto, quesa campagna di sensibilizzazione sulla non violenza e i diritti umani casca a fagiolo.. e poi il Dalai Lama è molto simpatico

krk ha detto...

ASPETTA DI VEDERE L'ALTRO LATO DELLA MEDAGLIA