venerdì 21 settembre 2007

Un pericolo pubblico numero uno è on line

venerdì 7 settembre 2007 - "il manifesto cultura"
Condanna esemplare negli Usa per violazione del diritto d'autore
in nome della sicurezza nazionale

Trenta mesi di carcere e tre anni di libertà vigilata per aver scaricato e inviato a siti Internet software du­plicato illegalmente. È questa la sentenza emessa da un tribunale del Connecticut nei confronti di Eli El, un internauta residente nell'Illi­nois accusato di aver «diffuso ille­galmente oltre 20 mila opere sotto diritto d'autore».
Eli El è stato condannato in base a una norma del Digital Millen­nium Copyright Act che prevede l'equivalente italiano dell'associa­zione a delinquere nel caso che la violazione del copyright sia continuativa nel tempo. Il primo com­mento positivo alla sentenza è ve­nuto dal Dipartimento della Giusti­zia statunitense, che in un comuni­cato ha ricordato come il nome di Eli El fosse stato inserita tra la lista di ricercati per violazione delle nor­me sulla proprietà intellettuale sti­lata al temine di un' operazione chiamata Safehaven. Eli El è stata tenuta sotto sorve­glianza dalle unità contro il cyber­crime per mesi dapa che i cyberpo­liziotti hanno «scoperta» che il sua indirizza elettronica ricorreva più volte nei siti dove è possibile carica­re o scaricare programmi informati­ci, file musicali a video senza nes­sun filtro. In termine tecnico questi siti sono chiamati warez per la loro «essenzialità»: pagine web con un lungo elenco di materiale da poter scaricare e che consentano di poter compiere solo due operazione (il download e l'upload, cioè carica­re e scaricare dati). Nella sentenza non è specificata se Eli El abbia venduta il software duplicata illegalmente. D'altronde, il Digital Millennium Copyright Act non prevede una differenza tra du­plicazione illecita per uso persona­le o a fini commerciali. Lo spirito della legge, si legge nel comunicato del Dipartimento della Giustizia, è la difesa a oltranza del copyright, che, va ricordato, è un diritta pro­prietaria delle imprese.
Ma quella che emerge dalla sen­tenza non è tanta l'applicazione di una legge da più parti criticata per­chè risponde alle richieste delle multinazionali disco grafiche, cine­matografiche e del software in ma­teria di difesa della proprietà intel­lettuale, quanto per i retroscena resi pubblici sulle varie operazioni condotte dal governo statunitense contro la violazione del copyright che confermano molte delle de­nunce sulle ripetute violazioni dei diritti civili compiuti in nome della sicurezza nazionale.
Safehaven, infatti, fu lanciata nel­l'Aprile del 2003. Per quindici mesi Internet è Stata setacciata in lungo e largo dagli «esperti» del Cybercri­me Center, una sezione dell' Immi­gration and Czistoms Enforcement. E visto che erano tutte .operazioni in nome della sicurezza nazionale si sono avvaIse della recenti norme contro il terrorismo più volte giudi­cate «liberticide» dalle associazioni per i diritti civili statunitensi. In al­tri termini, la rete è stata messa sot­to controllo ignorando qualsiasi ri­spetto della privacy e in barba ai di­ritti civili. Al termine del periodo, Il Cybercrime Center ha stilato una li­sta di venti ricercati su tutto il terri­torio nazionale (i famigerati «nemi­ca pubblico numero uno») e un al­tro elenco di migliaia di internauti che hanno violato la legge sul dirit­ta d'autore saltuariamente.
Oltre a Safehaven, il dipartimen­to della giustizia ha condotto altre .operazioni di monitoraggio della rete. Operazioni dai nomi fantasio­si (Site DoWll, Buccaneer, Fastlink, Digital Gridlock, Higher Educa­tion) che hanno portato molte per­sone davanti al giudice. Spesso,. pe­rò, erano uomini a donne che scari­cavano materiale per «uso persona­le» o per condividerlo con amici a amiche. Ma secondo la logica secu­ritaria del Dipartimento della Giu­stizia anche la convivialità e il diver­timento possono diventare terribili attacchi alla sicurezza nazionale.

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