giovedì 8 dicembre 2011

L'EDITORIALE


Senza peli sulla lingua

I sacrifici e le caste 

DA IL VERNACOLIERE DICEMBRE 2011

Passata l’immediata festa popolare per la fine del governo Berlusconi, ora di popolare ci resta il sacrificio. I sacrifici, anzi. Le famose “lacrime e sangue” che sempre gli stessi devono versare. Gli stessi, il solito popolo di chi lavora e già paga ma ogni volta è chiamato a ripagare.

Un tempo ci facevano pagare per la patria – le guerre della patria – oggi si paga per il capitalismo finanziario, per sostenere le più varie speculazioni delle grandi banche e dei cosiddetti liberi mercati, per mantenere in piedi i privilegi dei pochi a spese dei tanti.

Che pochi non sono, invero, essendo ormai diventati schiere i membri delle varie consorterie e delle tante caste di potere. E mica solo caste civili, a partire da quelle politico-rappresentative fino a quelle finanziarie e giudiziarie e via e via nel gran conto di quanti han da godere dei tanti vantaggi della “posizione”, da far pagare a chi l’unica posizione può solo tenerla a buco ritto.

Anche militari e religiose sono, quelle caste. Che ci costano anch’esse patrimoni enormi, per mantenerle in piedi con tutto il vasto mondo d’interessi che ci ruota intorno.

Sui costi militari c’è stata proprio di recente sulla “Repubblica” un’inchiesta in cui si è letto che per esempio nel 2010 l’esercito, seppure fatto di sole truppe volontarie, ci è costato 50mila euro al minuto, ovvero 72 milioni al giorno, per quasi 27 miliardi l’anno. “Una spesa di quattro volte superiore rispetto ai fondi destinati alle università”, tanto per capire meglio cosa ci costa un apparato di 190mila militari (in Inghilterra sono 177mila e 226mila in Francia) in cui il numero dei comandanti  – 98mila fra ufficiali e sottufficiali, con ben 600 generali a fronte dei 900 degli Stati Uniti – supera quello dei comandati.

Con un’Italia piazzata così all’ottavo posto nel mondo per spese militari, tra l’altro con un miliardo e mezzo l’anno destinato a far le guerre all’estero chiamandole missioni di pace, ché a noi di far le guerre è proibito sulla carta, quella costituzionale.  E nell’immenso affare di produzione e acquisto d’armi si segnala anche il progetto di spendere 15 miliardi per 131 nuovi cacciabombardieri, da impiegare ovviamente nel portare la nostra occidentale civiltà con le solite pacifiche missioni nelle barbare terre musulmane. Mentre le 19 Maserati blindate ultimamente acquistate dal Ministero di La Russa a 100mila euro l'una servono a portare a giro gli ufficiali di gran rango, magari per andare e venire dai lussuosi vasti alloggi con la colf riservati ai 44 fra generali ed ammiragli.  

E le spese per la Chiesa, poi. La sempre bisognosa Chiesa vaticana, che oltre ai vari contributi per le sue scuole ed università riceve dallo Sato italiano più di un miliardo l’anno con l’otto per mille delle nostre tasse (contributo in gran parte estorto per legge anche a chi non esprime preferenze nella destinazione di quell’otto).

Non solo: il Vaticano è esentato anche dal pagare l’Ici su tutti i suoi edifici di culto e su quasi tutti quelli di lucrosissima attività commerciale (un’infinita quantità di case di cura, palazzi, scuole, negozi, garage, capannoni ed altro, ovvero il più grande patrimonio immobiliare del mondo, stimato in circa un miliardo di metri quadrati per un valore approssimativo di mille e duecento miliardi di euro, dichiarati all’Ici solo nel dieci per cento dei casi), la cui tassazione completa renderebbe invece sei miliardi a dir pochino.

Tassazione di cui però non s’è sentito minimamente parlare fra le varie misure di “rigore ed equità per tutti” annunciate da Monti per affrontare la gravissima situazione di bilancio, come non s’è sentito assolutamente parlare di dare infine anche una bella e significativa botta alle faraoniche spese militari, per le quali anzi s’annunciano nuovi rifinanziamenti.

E c’è da capirlo, il parco e severo premier Mario Monti. Il suo governo essendo fatto non solo di stimati professori e di organici sostenitori delle politiche bancarie (non a caso è stato definito “governo delle banche”), ma essendo composto anche di preclari cattolici devoti e di osservanti cultori – c’è da giurarlo – dell’amor patrio ancorché in armi.

Un governo certo migliore, nella forma, del gran circo berlusconiano di nani e ballerine, ma nella sostanza chiamato anch’esso a far pagare ai soliti – come si diceva – i danni che anche quel circo ha procurato, con l’aver fra l’altro istituzionalizzato la mano libera a speculatori e corruttori, evasori fiscali e profittatori d’ogni tipo, nonché protettori anch’essi di santa madre chiesa, di benedetta mano militare e di sacrosanti benefit bancari.
 

Mario Cardinali

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