
venerdì 31 luglio 2009
PROGRAMMA???

domenica 26 luglio 2009
PIETRE DIABOLICHE

Ponte medievale in pietra ad arcata unica, collega Fiumalbo con la frazione di San Michele
IN QUANTO COMPLETAMENTE NATURALE
Nel luogo ove si incontrano i confini di tre comuni (Pavullo, Lama Mocogno e Polinago), immerso in un bosco rigoglioso, crocevia di comodi sentieri che lo collegano ai centri abitati più vicini, si erge uno dei fenomeni geologici più rilevanti dell'intero Appennino. Il Ponte del Diavolo è un monolite naturale che unisce i fianchi di un avvallamento, lungo 33 metri, largo tre, con una arcata alta tre metri. Questa è la descrizione scientifica di un monumento naturale che però può anche essere raccontato in modo meno razionale, ma più suggestivo: il nome, per esempio, da che cosa deriva? La magia dei tanti "tre" che ricorrono nelle sue misurazioni; il luogo, posto vicino ad una zona in cui nell'antichità si svolgevano riti pagani.
Molte sono le leggende nate intorno al Ponte. Guai a infilare la testa nel foro che si trova in una delle protuberanze che si innalzano come ali sul fianco del ponte! Improvvisamente si vede il diavolo o addirittura può essere tagliata la testa. Secondo un'altra di queste leggende, un tempo viveva da queste parti un agricoltore dal gergo piuttosto colorito. Per raggiungere i propri terreni doveva attraversare un avvallamento che spesso le piogge facevano diventare un torrente, e ciò lo costringeva a fare un lungo giro o rischiare il guado nella corrente impetuosa; un giorno, stanco di ciò, chiese al Diavolo di aiutarlo dicendosi disposto, in cambio, a donargli la sua anima. Naturalmente il Diavolo accettò e di buon grado andò a prendere un bel ponte; mentre lo portava a destinazione, una notte, passando nel bosco, fu attratto da un sabba di streghe che ballavano discinte e con canti melodiosi; tanto era coinvolto dalla leggiadria delle malefiche fanciulle, che non si accorse del sopraggiungere dell'alba: la luce era per lui mortale, quindi dovette fuggire lasciando il ponte proprio ove oggi tutti lo possiamo ammirare. Leggenda popolare naturalmente: ma non è leggenda che il ponte non sia nato qui ma, come attestano i geologi, il ponte è stato qui trasportato da qualche cataclisma naturale o soprannaturale, o da un movimento tellurico. Il Ponte può essere raggiunto da diverse località; venendo da Pavullo, lungo la statale dell'Abetone, si può prendere per Monzone e, arrivati alle prime case, imboccare a sinistra; oppure si può proseguire fino a Montecenere, e dal centro del paese prendere la strada a destra in discesa. Proseguendo ancora, un chilometro circa prima di Lama, e precisamente alla maestà di Casa Ritorno, un tempo luogo di sosta dei pastori nel corso della transumanza, si lascia la Giardini per imboccare a destra la strada che conduce al Ponte; infine possiamo raggiungere la meta da Brandola. Tutti gli accessi sono percorribili in parte in auto, ma gli ultimi tratti solo a piedi, mountain bike o a cavallo.
SE POI INVECE VOGLIAMO ARRIVARE ALL'APICE DEL DIABOLICO CI BASTA PENSARE AL MONTE RUSHMORE DOVE SONO SCOLPITE LE TESTE DI George Washington, Thomas Jefferson, Abraham Lincoln e Roosevelt.
Fu iniziata nel 1927 e proseguì, con l'impiego di 400 operai, sino alla morte dello scultore, avvenuta nel 1941. La scultura sul Monte Rushmore ebbe inizio con George Washington. Il progetto originario prevedeva di procedere verso sinistra e scolpire Thomas Jefferson, ma circa due anni dopo il granito iniziò a sfaldarsi per poi cedere completamente; questo fatto obbligò Borglum a rivedere i suoi piani e completare l'opera verso destra.
PARLO DI DIABOLICO XCHE' PROBABILMENTE ESSERE PRESIDENTE IN AMERICA PUO' ANCHE SIGNIFICARE QUELLO...PENSATE A JEFFERSON, FAMOSO PER CAVALCARE CON GLI SCALPI INDIANI ALLA CINTURA.....
sabato 25 luglio 2009
WHERE IS GROTTA AZZURRA?

E' stata una vera e propria odissea quella capitata qualche giorno fa a una coppia di turisti svedesi in vacanza in Italia che aveva deciso di passare qualche giorno al mare. I due, entrambi sulla cinquantina, erano partiti da Venezia con destinazione l'isola di Capri. Per trovare la strada giusta si erano affidati al proprio navigatore satellitare, convinti che li avrebbe guidati a destinazione nel minor tempo possibile. Peccato però che non avessero fatto i conti con i trabocchetti della lingua italiana. Al momento di digitare il nome della città di arrivo (Capri), infatti, qualcosa è andato storto e la "p" e la "r" del nome della magnifica isola campana si sono scambiati di posto. Risultato: i due "turisti per caso" sono arrivati a Carpi, in provincia di Modena.

Nonostante all'orizzonte non ci fosse nemmeno l'ombra di un gabbiano, la coppia era realmente convinta di essere arrivata sull'isola dei Faraglioni e così, parcheggiata l'auto, si è diretta a piedi all'ufficio turistico comunale per chiedere informazioni su come poter visitare la famosa "Grotta Azzurra". In un primo momento gli operatori del centro hanno pensato che la coppia svedese fosse alla ricerca di una pizzeria o ristorante. Poi dopo un breve colloquio in inglese il giallo è stato risolto.
sabato 18 luglio 2009
IMPRESA????
E’ una di quelle cose da matto che ogni tanto mi capita di fare
tipo “cosa si fa domattina??? Una maratona!!! “
giovedi 16 luglio – partenza da Ossana per il Passo del Tonale.
Specifico immediatamente che non sono un abituè (e non so se si scrive così), e tanto meno la Robbi e Emma, delle camminate in montagna, ma la giornata stupenda, il cielo terso, la temperatura a valle di circa 30° e il fatto che era il secondo giorno di vacanza hanno avuto il loro peso.
Dal nostro librino “33 passeggiate facili in Val di Sole” abbiamo appreso che prendendo la cabinovia Paradiso si sale a quota 2500. Da li si può decidere di prendere la seggiovia che porta al ghiacciaio o intraprendere una salita di 40/50 minuti in mezzo alla neve per arrivare alla stessa destinazione. Il nostro pseudo spirito di avventura ci porta alla decisione di proseguire a piedi – d’altra parte siamo venuti in montagna per camminare. La salita non è molto impegnativa in quanto la via prende abbastanza dolcemente l’ascesa. La cosa più difficile è camminare nella neve “patocca” dove si affonda ad ogni passo e dove, nel mio caso avendo scarpe basse ci si bagna senza scampo. Concentrandosi un po’ si riesce quasi subito a prendere tempo del passo e della respirazione ma allo stesso tempo quasi subito mi rendo conto che la tshirt “sparvieri” che indosso è di troppo e come fosi il Messner di Salerno mi metto a torso nudo con zaino. Solo successivamente una foto scattata da mia figlia mi mette in condizione di giudicare lo schifo estetico dovuto alla pancia gonfia “da birra artigianale” e braga corta con gamba ancora più corta… mi scuso con tutti quelli che hanno dovuto sopportare lo spettacolo…ma comunque posso dichiarare che non ero il più brutto!!!
Giungiamo al rifugio dopo 45 minuti, c’è un caldo come in spiaggia, mi levo i calzini bagnati spolti e nel giro di pochissimo ho asciugato tutto. Come mio solito, quando ho lo sciopone, non resisto e sapendo che le articolazioni degli arti inferiori della Robbi non le avrebbero permesso la discesa a piedi chiedo il permesso e parto da solo mentre il resto della mia famiglia si rifocilla a base di pizza e lasagne. Inizialmente la mia intenzione era quella di arrivare alla stazione dell’ovovia… ma vista la facilità di quel tratto in discesa e sapendo di avere almeno tre quarti d’ora da aspettare vado direttamente dal guardiozzo a chiedere informazioni per proseguire a piedi fino a valle. Allora …dovete immaginarvi il montruccio tipo, dotato di braccia in grado di scardinare qualsiasi resistenza barba incolta e solita aria di “so tutto io” (cmq sapeva sicuro più di me)… mi guarda squadrandomi dall’alto in basso – e chi mi conosce sa che si fa presto- e poi dal basso in alto, scruta attentamente il mio abbigliamento e in particolar modo le calzature e le calzine di Lupo… e poi dice: ah …giù si va…ma è una pista da sci…c’è la neve in alcuni tratti…è una pista nera…e poi ci vuole almeno un’ora… sarebbe meglio farla in salita… però giù si va!
Non ho capito se voleva sconsigliarmi oppure sperava che lo facessi per ridere un po’..o addirittura che gli tirasse il culo venirmi a prendere se mi fossi piantato.
Lo guardo,ringrazio,saluto e parto. La prima curva a sinistra per passare sotto l’impianto è al sole e non ha molta pendenza. Alla destra c’è uno dei tanti laghetti semiglaciali che le abbondanti nevicate dell’inverno hanno contribuito a formare. Scatto una foto – non si sa mai che sia l’ultima- mentre salivo in cabinovia avevo notato una certa difficolta’ ma allo stesso tempo mi era venuto in mente che avevo provato la stessa sensazione sulla “Gran Risa” la cui difficoltà era accentuata vista dall’alto. Ma ormai sono deciso e proseguo.. seconda curva a dx ed è subito merda…. Neve quasi ghiacciata e pendenza quasi spaventosa – dico quasi perché altrimenti non saprei come definire il tratto successivo. Terza curva a sx, dopo aver percorso 150/200 metri in mezzo alla neve sei sulla ghiaia, guardi in basso e di curve non ce ne sono più per un bel po’ solo che la percentuale di pendenza mi toglie il fiato. Inizio a zigzagare come se avessi li sci ma ad ogni cambio di direzione rischio di perdere l’equilibrio e scivolare sulla ghiaia appuntita. Mi fermo, respiro e scatto una foto alla cascata proprio sotto l’impianto. Torno a guardare in basso e cerco di ragionare, ormai su non si può tornare, vedo un altro tratto innevato circa 200 metri più sotto e me lo pongo come obiettivo – non ne sono sicuro ma qualcosa mi dice che è meglio cadere sulla neve che sui geroni!
Infatti quando arrivo trovo una neve molto più soffice che nel tratto precedente e riesco a piantare i miei piedi e a non scivolare. Purtroppo so che prima o poi finirà, lo vedo poco sotto di me il tratto roccioso (non so come si definisce tecnicamente un terreno così, con dei massi che vanno dalle dimensioni di un mattone a quelle dei piloni di cemento che impediscono alle auto di entrare sulle ciclabili) e quando ci arrivo inizio a sudare freddo..ad ogni passo mi scivola il piede e allora rallento ulteriormente il passo…. Poi mi viene in mente il “montruccio” e solo per dargliela in quel posto trovo la volontà di percorrere quel lungo tratto tutto di un fiato, fino a quella curva a sx dove sembra che improvvisamente cambi la pendenza. Scatto un’altra foto e guardando l’arrivo della cabinovia oramai in lontananza il cuore mi si riempie di orgoglio, mi giro verso valle e cerco l’arrivo, ad occhio nudo e in linea retta mi sembra di essere a metà. Non è così, anzi il tratto che mi rimane è ben più lungo, la discesa continua ma con un’intensità che non ha paragone col tratto precedente e addirittura ho come la sensazione che quello che mi aspetta sia un tratto pianeggiante. Inizio a camminare più spedito e la pista nera diventa una di quelle stradine di collegamento che si potrebbero fare anche a spazzaneve (forse). Il disgelo trasforma qualche centinaio di metri di strada in un ruscello nel quale cammino soddisfatto. Appena esco dal guado improvvisato mi viene la forza del matto e inizio a correre, inizialmente piano ma poi sempre più veloce…sono contento, non vedo più difficoltà e non sento il peso dello zaino… ancora dieci minuti e arrivo sudato come una bestia all’ingresso della cabinovia “Paradiso” proprio mentre Emma esce e mi corre incontro… 47 minuti! Un ora e dieci totale da rifugio Presena 2750 al passo 1845 m s.m.
sabato 11 luglio 2009
MA CHE ARGOMENTI SONO???

a cura del prof. Ottolini
Conserva il nonno!
È noto a tutti quanto la scienza della mummificazione umana abbia compiuto, nei seimila anni della propria storia, enormi progressi. Deprecabile, invece, è la poca attenzione che le società contemporanee pongono in questa pratica. La mummia di un nostro caro, se ben eseguita e accuratamente mantenuta, è assolutamente asettica, e rappresenta il saluto più tangibile e l'omaggio più sentito che possiamo fare alla nostra ascendenza, regalandone le spoglie mortali all'affetto dei posteri. Scrivo quindi affinché chiunque (una volta richiesti i permessi alle autorità competenti, di norma rappresentate dal comune e dalla prefettura) possa, ad esempio alla morte del nonno, trattenerne la salma al fine di mantenerne il sembiante vivo indeterminatamente, e di conservala presso di sé. In questo breve articolo mi propongo di illustrare un metodo di imbalsamazione umana di facile attuazione e non invasiva, facendo ampi riferimenti alla - se non vasta - esaustiva letteratura scientifica che ha accompagnato il perfezionamento di questa pratica. Lo studio da cui prende le mosse il mio metodo è contenuto ne L'imbalsamazione Umana del Dott. Francesco Di Colo, Edizioni Hoepli, 1910, la cui entusiasmante trattazione consiglio ai miei lettori.
1 - Preparate una lettiera di legno in un ambiente il più possibile secco e ventilato ( un buon condizionatore può egregiamente servire allo scopo ), di dimensioni 250 x 150 x 100 cm.
2 - Questa cassa dovrà essere riempita di un'amalgama di essiccazione, o 'letto igroscopico'. Tale amalgama ha la seguente composizione: 35% sabbia silicea pura, 20% di silicati di ferro e alluminio in parti uguali, 25% di fosfato di calcio e di carbonato di calcio e di magnesio, 10 % di solfato di calcio, 10% di nitrato di calcio, di magnesio e di ammoniaca mischiati in parti uguali con i rispettivi cloruri. Tutte queste sostanze sono di facile reperimento a costi irrisori. Riempite la lettiera per un terzo.
3 - Spogliate il corpo e deponetelo su un ampio tavolo, o su un letto precedentemente irrigidito con assi e ricoperto con teli di plastica. Procedete con il lavaggio del corpo in ogni sua parte con garze sterili intrise di glicerina fenica. La manipolazione del corpo deve iniziare non oltre 48 ore dopo il decesso, per evitare che i processi degenerativi dei tessuti molli e delle sostanze digestive compromettano la buona riuscita dell'opera.
4 - Bendate la salma con strisce di flanella imbevute nella glicerina fenica, partendo dalle gambe, senza forzare eccessivamente onde evitare che la trama delle bende si imprima sull'epidermide e fissandola ogni tre giri con spilli.
5 - Adagiate il corpo sul terreno preparato nella lettiera, quindi ricopritelo con la rimanente amalgama, fino a colmare la cassa. Inizia ora il processo di disseccamento dei tessuti, grazie all'azione dei sali igroscopici, che ne sottrarranno l'umidità per liberarla nell'ambiente.
6 - Lasciate il corpo nel terreno per due mesi, assicurandovi che l'umidità del locale non superi il 25%, e che la temperatura rimanga costante sui 20° C.
7 - Al termine di questo periodo potrete estrarre il corpo, che avrà perso tra i 3 e i 4 quinti del proprio peso, mostrandosi teso e rassodato, mantenendo però ancora una certa elasticità. Potete svolgere le bende, che saranno totalmente secche. Eliminate il terreno igroscopico dalla lettiera e sostituitelo con dell'altro nuovo. L'operazione dovrà essere eseguita in fretta, per evitare l'attacco dei batteri. Ricomponete il corpo nella lettiera.
8 - Attendete sei mesi.
9 - Estraete il corpo, ora perfettamente mummificato, che peserà tra i sei e i dieci chili. La pelle avrà assunto un colore bruno e la consistenza della pergamena, mantenendo intatti capelli, unghie e denti. Ponete il corpo su una superficie orizzontale e stendete su di esso due o tre mani di vernice conservante di Dubois, che proteggerà la mummia dall'umidità e dall'azione batterica, donandole un odore gradevole e persistente.
10 - Vestite la salma, e ponetela in una teca ben chiusa, su uno strato di gel di silice granulato ricoperto da un lenzuolo di lino. Avendo cura di sostituire il gel ogni mese, avrete la sicurezza che le vesti mortali del vostro caro sfideranno il tempo, forse anche dopo la vostra morte.

I complimenti del mese vanno sicuramente al grandissimo Stefano Nicoletti, mio compagno di cena ieri sera, che si è fatto più di 1 ora in fuga e ha terminato 6° assoluto nel lungo dell’ultima Maratona delle Dolomiti 05/07/09. Fuga praticamente dalla partenza, diretta televisiva con moto dedicata per un tot di tempo, e prestazione di ALTISSIMO LIVELLO a tutti gli effetti, ricordiamo ad esempio,che ha registrato in discesa una velocità superiore ai 100 km/h.
Non sono riuscito a trovare foto relative alla gara in questione ma penso non gli dispiaccia se pubblico qualcosa dove arriva a braccia alzate.
138 km uomini (sub judice)
1. Burrow Jamie, 1977, Sansepolcro (AR) 4:37.56,3
2. Corradini Antonio, 1970, Cles (TN) 4:42.07,1
3. Pisani Vincenzo, 1981, Sora (FR) 4:45.24,5
4. Bulgarelli Fabio, 1977, Carpi (MO) 4:45.32,1
5. Nicoletti Stefano, 1967, Sassuolo (MO) 4:47.53,9
mercoledì 8 luglio 2009
martedì 7 luglio 2009
CONDANNE

Rivolta etnica, bagno di sangue nello Xinjiang
I fan gli fanno il coro personale di benvenuto e, poi, tocca a lui intonare una canzone. Non ci pensa un attimo e parte col repertorio tipico: "Senti che puzza, scappano anche i cani. Sono arrivati i napoletani...". Poi, alza il bicchiere e insiste: "Son colerosi e terremotati... Con il sapone non si sono mai lavati...". Intorno tutti cantano infervorati e contenti. Nessuno ha un ripensamento. Meno di tutti, appunto, Matteo Salvini, parlamentare della Repubblica italiana... Parlamentare?

"Volevo che a mio figlio fossero restituiti giustizia, rispetto e dignità", ha detto il padre di Federico. "Mio figlio non era un drogato, era un ragazzo di 18 anni che amava la vita e che quella mattina non voleva morire". Sua moglie è sembra stata convinta della colpevolezza degli agenti: "Ci sono stati momenti in cui ho avuto paura che se la potessero cavare, ma in fondo ci ho sempre creduto. Ora quei quattro non devono più indossare la divisa".
Inchiesta e processo hanno visto come parte fondamentale la famiglia Aldrovandi, la mamma Patrizia Moretti e il papà Lino, in prima linea per chiedere la verità, prima con il blog su Kataweb aperto nel gennaio 2006 e diventato uno dei più cliccati in Italia, poi lungo l'inchiesta e il processo, scanditi dalle perizie, dalla raccolta delle testimonianze, dalla ricostruzione faticosa delle cause della morte di Federico.
Il pm Nicola Proto aveva chiesto condanne per tre anni e otto mesi a ciascuno dei quattro agenti. L'accusa è di aver ecceduto nel loro intervento, di non aver raccolto le richieste di aiuto del ragazzo, di aver infierito su di lui in una colluttazione imprudente usando i manganelli che poi si sono rotti.........................
domenica 5 luglio 2009
GIRO GIRO TONDO



MA PERO' NON POTETE NON GUARDARE IL VIDEO DELLA PRIMA HANSAPLAST GLAMARATHON "LA CORSA SUI TACCHI" NELLA SEZIONE SPARVIERI
venerdì 3 luglio 2009
MI FAI GIRARE I CORIOLIS

MICK SI E' RICORDATO DEL SENSO DEI VORTICI CHE E' DIVERSO A SECONDA DELL' EMISFERO.... POI CI SIAMO RICORDATI CHE QUESTO FENOMENO SI PUO' OSSERVARE A OCCHIO NUDO GUARDANDO L'ACQUA CHE ENTRA NELLO SCARICO DEL LAVANDINO ECC.
BENE COME SOLITO ALCUNE COSE CE LE RICORDAVAMO GIUSTE E ALTRE ALLA CDC!
COMINCIAMO COL DIRE CHE DI AGRICOLTURA BIODINAMICA NON NE SO MEZZA E CHE SECONDO ME L'IMPORTANTE E' MESCOLARE BENE IL MALTO E NON IL VERSO IN CUI LO SI FA!
Nel sistema di riferimento inerziale (parte superiore della figura), l'oggetto nero si muove con traiettoria rettilinea. Per contro, l'osservatore (punto rosso) che si trova nel sistema di riferimento rotante (parte inferiore della figura) vede l'oggetto muoversi con traiettoria curvilinea.
POI: SICURAMENTE IL SENSO DEI VORTICI NEI DUE EMISFERI E' SICURAMENTE OPPOSTO X L'EFFETTO O FORZA DI CORIOLIS:
in senso antiorario nell'emisfero settentrionale e orario in quello meridionale:
Forza di Coriolis: -2mWxVr
m = massa
W = vettore velocita' angolare
x = prodotto vettoriale
Vr = velocita' del corpo nel riferimento ruotante
Il vettore W cambia segno passando da emisfero settentrionale a meridionale; se fai i conti mettendo i segni giusti, sapendo che la terra ruota in senso antiorario, vedendola dal polo Nord, vedi che nel primo caso la forza di Coriolis tende a far ruotare il flusso in senso antiorario, viceversa nell'emisfero Sud. all'equatore -WxVr e' ortogonale alla superficie terrestre quindi non
contribuisce all'effetto. Nell'emisfero settentrionale un sistema di bassa pressione ruota in senso antiorario, mentre un sistema di alta pressione ruota in senso orario, come stabilito dalla legge di Buys-Ballot; l'opposto avviene nell'emisfero meridionale
Per ciò che riguarda il senso del vortice d'acqua nei lavandini. Sebbene si parla dell'effetto che si ottiene calcolando l'azione della forza di Coriolis in un sistema ideale, l'effetto di questa è diversi ordini di grandezza inferiore rispetto a molti altri contributi, come la geometria della vasca e dello scarico, l'inclinazione del piano e soprattutto il movimento che aveva inizialmente l'acqua, che sono i veri responsabili del senso di rotazione del mulinello, che quindi è casuale.In pratica quindi è un effetto talmente piccolo da non essere praticamente osservabile nei lavandini delle nostre
case.C'è comunque una leggenda metropolitana che riguarda una casa in Equador, attraversata, esattamente a metà, dall'equatore. Il bagno è a sud e la cucina a nord. Secondo la leggenda in bagno i vortici sono antiorari e in cucina orari.
giovedì 2 luglio 2009
CANNA E ZUCCHERO

Zucchero bianco raffinato: il succo zuccherino proveniente dalla prima fase della lavorazione della barbabietola o della canna da zucchero, prima viene depurato con latte di calce che provoca la perdita e la distruzione di sostanze organiche, proteine, enzimi e sali di calcio; poi, per eliminare la calce rimasta in eccesso, viene trattato con anidride carbonica. Subisce ancora un trattamento con acido solforoso per eliminare il colore scuro, successivamente viene sottoposto a cottura, raffreddamento, cristallizzazione e centrifugazione. Sia arriva così allo zucchero grezzo che viene filtrato e decolorato con carbone animale e poi viene colorato con il colorante blu oltremare o blu idantrene. La bianca sostanza cristallina non ha più nulla a che fare con il prodotto di partenza.
Zucchero di canna integrale: Il suo nome deriva dalla parola araba sukkur. E' ottenuto direttamente dal succo estratto dalle canne schiacciate mediante operazioni artigianali: Il tagliatore separa il gambo della canna da zucchero dalle foglie e dalla estremità con il machete. Si spremono meccanicamente le canne e si concentra il succo per evaporazione dell'acqua, usando come combustibile i residui di canna essiccati al sole (bagassa).La mancanza di trattamenti chimici fa sì che lo zucchero di canna mantenga i sapori caratteristici dipendenti dalla zona di produzione e conservi la gran parte dei sali minerali e delle sostanze proteiche e vitamine. Ha una consistenza granulosa o in polvere, mai cristallina.
Lo zucchero integrale di canna non va confuso con lo zucchero grezzo di canna. Quest’ultimo, avendo subito il processo di raffinazione, è molto simile a quello ottenuto dalla barbabietola. Il suo colorito giallo-beige non deve ingannare, poiché è conferito dall’addizione di piccole quantità di melassa o caramello.
Non potendosi basare sul semplice colore, per giudicare la qualità di uno zucchero di canna occorre osservare qualche particolare in più. Se per esempio si presenta sottoforma di cristalli uniformi per dimensioni e colore, si tratta con tutta probabilità di zucchero grezzo; al contrario, se sono presenti cristalli più o meno grandi e con diverse sfumature scure, è più facile che si tratti di zucchero integrale.
Le prime coltivazioni di canna da zucchero furono in Asia e nella Nuova Guinea, alcuni millenni a.C. e fu poi introdotto in Europa solo nel III secolo a.C., portato da Alessandro Magno.Nel Medioevo veniva usato, in piccolissime quantità, solo in campo farmaceutico per addensare gli sciroppi o per mascherare il sapore di alcuni medicamenti: il suo prezzo era altissimo. Solo durante le Crociate in Terra Santa, gli Europei scoprirono un uso non farmaceutico dello zucchero. Dopo la scoperta dell'America si colse l'occasione per sfruttare le nuove terre per la produzione di zucchero.Fino alla rivoluzione francese "zucchero" significava unicamente "zucchero di canna"; soltanto alla fine del Settecento fu scoperto il procedimento di raffinazione, che permetteva di ricavarlo anche dalla barbabietola. Questa scoperta rese lo zucchero più disponibile e meno costoso, diventando un bene di largo consumo, infatti la coltivazione della canna da zucchero richiede molta manodopera e l'abolizione della schiavitù ne complicò la produzione.
Per poter essere assimilato e digerito, lo zucchero bianco ruba al nostro corpo quelle vitamine e sali minerali eliminati tramite la raffinazione.Potrebbe provocare processi fermentativi con produzione di gas e tensione addominale e l'alterazione della flora batterica.
…...Chi di voi sa che quando compriamo un cibo "light" senza zucchero vuol dire che il prodotto è "dolcificato" in un altro modo, tipo con l'aspartame? E chi di voi sa che l'aspartame è cancerogeno? La scoperta si deve ad un istituto italiano Bolognese che ha condotto delle sperimentazioni su topi lasciandoli però morire per morte naturale e non abbattendoli dopo 2 anni come facevano gli americani. Se è vero, infatti, che negli uomini le forme tumorali si manifestano prevalentemente dopo i 50 anni, che senso aveva abbattere i topi quando essi erano ancora giovani?.....